Una collaborazione con Tempi di Recupero
Se chiedessimo a 10 italiani dove vivono, 5 di essi risponderebbero ‘in città’. Il 55% di essi, infatti, risiede in aree urbane e la proiezione per il 2030 è del 75%. Da quando esistono, le póleis sono centri attrattivi perché convogliano opportunità e servizi, con un aumento in proporzione diretta con il trascorre dei secoli, a meno di frenate in periodi di guerre e pestilenze, e una impennata con la rivoluzione industriale e soprattutto nel secondo dopoguerra. In tutto il mondo sono le città ad ospitare la maggioranza della popolazione e proprio le città, e il loro rapporto con il cibo, rappresentano la sfida più grande nel raggiungimento dei 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell’ Agenda ONU 2030.
“[le città] occupano solo il 3% della superficie terrestre, ma producono l’80% delle emissioni di CO2 e consumano l’80% delle risorse alimentari disponibili.”
Vogliamo comunque sottolineare che da qualche anno si è riscontrato un lieve aumento delle persone, per lo più giovani, che scelgono le zone rurali per vivere e lavorare, il tutto accentuato dalla attuale situazione di emergenza, come si è già visto in passato. I numeri non sono sufficienti per parlare di una vera inversione di tendenza, ma certamente di un rinnovato interesse che contribuisce ad articolare il dibattito.
Per approfondire questo tema il 30 settembre si è svolto l’evento nazionale “Cibo e città: come accelerare un futuro sostenibile?”, tenutosi in occasione del ‘Festival dello Sviluppo Sostenibile’ di ASviS – Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile. Gli interventi dei tanti ospiti, docenti universitari, ricercatori ed esperti in sostenibilità e politiche alimentari, hanno stimolato riflessioni e spunti.
Perché la città?
Le città sono il luogo dal maggior impatto ambientale e l’intervento di Marta Antonelli, direttore della ricerca di Fondazione Barilla, ci ha fornito qualche dato aggiornato: occupano solo il 3% della superficie terrestre, ma producono l’80% delle emissioni di CO2 e consumano l’80% delle risorse alimentari disponibili. Naturalmente da questi dati si evince che il metabolismo urbano risulta avere un grande impatto su tutta la filiera del cibo.
“dobbiamo ridefinire il rapporto tra le aree cittadine, le periferie e le aree rurali, dove si produce ciò che si consuma in città, perché solo attraverso la cooperazione si può avviare uno sviluppo sostenibile.”
La salute dell’uomo e del pianeta sono legati, e il cibo è l’occasione per capire questo legame. L’alimentazione umana è un tema che ha un diretto impatto sul cambiamento climatico, sulla biodiversità (cambiamento uso del suolo), risorse idriche. Se lo scenario rimane quello attuale, l’impatto è destinato ad aumentare notevolmente – come ha spiegato Davide Marino, professore dell’Università del Molise. Per raggiungere uno sviluppo sostenibile è quindi fondamentale attuare una trasformazione dei sistemi alimentari.
Parola chiave: cooperazione!
Per dare una svolta alla situazione attuale e promuovere un cambiamento concreto, è necessario creare delle reti e food policies che coinvolgano i cittadini, come ha suggerito Andrea Alemanno, responsabile delle ricerche sulla sostenibilità IPSOS La maggior parte degli attori che agiscono nella filiera alimentare hanno bisogno di comunicare tra loro per poter comprendere le necessità reciproche ed evitare sprechi di tempo e risorse. Secondo il presidente della Confederazione Italiana Agricoltori, Dino Scanavino, si è creata un’eccessiva separazione fra città e campagna, che fa da muro a livello culturale, generando incomunicabilità e scarsa relazione: è quindi fondamentale creare connessioni che avvicinino fra loro produttori locali e consumatori.
Non solo, dobbiamo ridefinire il rapporto tra le aree cittadine, le periferie e le aree rurali, dove si produce ciò che si consuma in città, perché solo attraverso la cooperazione si può avviare uno sviluppo sostenibile. Le aree periferiche possono essere preziose per implementare le produzioni, ad esempio in aree abbandonate, ricucendo così un tessuto urbano e sociale interrotto. Dall’altra parte le campagne devono essere fornite dai servizi, vissute, fornite di tecnologie, come ha spiegato Roberta Sonnino docente dell’Università di Cardiff, affiancata dalle riflessioni di Angelo Riccaboni, professore all’Università di Siena, per il quale è fondamentale sostenere una rete sociale e tecnologica nelle campagne, e supportare le piccole imprese.
Qual è il nostro contributo?
Creare una rete che metta in relazione chi produce, chi trasforma e chi consuma in modo etico e sostenibile, sono tutti obiettivi di Tempi di Recupero. E per realizzarli vogliamo coinvolgere il maggior numero di persone possibile, partendo dalle piccole azioni. Diamo al cibo il valore che si merita, rispettiamo chi lo produce, acquistiamo, cuciniamo e mangiamo in modo più consapevole, riduciamo le perdite e impariamo a gestire meglio il riciclo del cibo. Questi semplici gesti aiuteranno a diffondere una nuova sensibilità verso la sostenibilità alimentare, ambientale ed economica!